mercoledì 30 gennaio 2008

CERTE DOMENICHE SI PARTE ALL'ALBA CARICHI E MOTIVATI


Nonostante il sonno e il buio, la mente è già concentrata sull’obiettivo. Siamo in pochi, agili e rapidi: i soliti noti. Puntuali all’appuntamento e focalizzati sulla meta. Poche parole essenziali su tutto il resto, il dialogo invece scorre tra vie da fare, gite fatte, tempi, condizioni della neve e della roccia, margini di sicurezza e gradi di difficoltà.
La salita viene attaccata in velocità perché la fretta tiene alta la tensione nervosa. Bisogna fare presto: la via è lunga… poi fa caldo… bisogna raggiungere la cima… altrimenti la fioca ven mola… Si sale in fila indiana, nel silenzio e nella penombra grigia dell’alba mattutina. Il ritmo è sostenuto; un velato senso di competizione ci spinge in prossimità del nostro limite fisico: sudiamo nonostante l’aria fredda. Cioccolato e frutta secca sono soltanto un modo per reintegrare le energie spese. Cerchiamo la difficoltà, il ripido e tutte quelle situazioni disagevoli che rendono più ruvido l’itinerario. A volte ci prendiamo anche bei strizzoni.

Poi la cima. Qualche sospiro di soddisfazione e di sollievo. E’ più la stanchezza della fame, si deglutisce e si chiacchiera col fiatone, poi è ora di scendere. Se c’è una bella neve inanelliamo una serie ubriacante di serpentine finché non ci manca il fiato e cedono le gambe. Altrimenti giù, più veloce possibile; tanto quel che c’era da fare è stato fatto. Il rituale prevede la birra finale. E’ una tappa obbligata, una rivendicazione: ci spetta perché ce la siamo guadagnata. Ora la lingua diventa più fluida. Ci raccontiamo la giornata con i passaggi difficili, i tratti salienti e i momenti di paura. Le bollicine e l’alcool della birra ampliano e colorano il resoconto.

Stravolti torniamo a casa.

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