martedì 23 settembre 2008

DIARI DELL'ALTRO MONDO 4

Dialoghi in pillole
MEGLIO
- «Fino a una generazione fa, le case sulla falesia erano abitate. Ora costruiamo i villaggi più in basso, dove inizia la pianura.»
- «Perché vi siete spostati?»
- «Perché siamo più numerosi, e su in alto non c’era abbastanza spazio per tutti.»
- «Per quale motivo siete più numerosi?»
- «Perché ora si sta meglio.»
Intorno a me vedo solo case di fango, campi sabbiosi coltivati a miglio e un pozzo dove le donne fanno la coda per prelevare l’acqua da bere. Chissà com’era quando si stava peggio!

TEMPO
Da queste parti è sempre meglio prenotare i pasti con largo anticipo. Uscendo, ‘sta mattina, abbiamo ordinato un piatto di riso bianco per il mio stomaco e spiedini d’agnello e patatine fritte per quello ben più robusto di Joffrey.
Torniamo verso l’una e ci accomodiamo a un tavolino ombreggiato sotto un’incannucciata improvvisata. Inizia l’attesa.
Dopo un po’ passa il cameriere.
- «Tra quanto tempo pensi che potremo mangiare?»
- (Come se la cosa fosse ovvia, in effetti lo è, ci risponde senza alcun tono polemico) «Quando sarà pronto.»
- (La risposta non ci soddisfa, troppo vaga) «E sarà pronto verso che ora?»
- «Mah, verso mezzogiorno.»
- «Guarda che è già l’una e mezza!»
- «Ah, ça va
Dopo un quarto d’ora arriva la pappa.

GUERRA DI RELIGIONE
- «Bouba, tu sei musulmano, cristiano o animista?»
- «Tutt’e tre, così posso celebrare le feste di ciascuna religione!»

RICICLO
- «Che vernice usi sulle statue per renderle così lucide e nere?»
- «L’olio esausto della macchina.»

AMICIZIA
Altro viaggio in taxi-brousse. Inizio a chiacchierare con il ragazzo seduto di fianco a me: un ottimo modo per far passare più in fretta il tempo e per alleviare le sofferenze dovute al fatto di trovarsi in un bagno di sudore, schiacciati in un furgone iperaffollato e seduti sulla ruota di scorta.
Ah, sei italiano-Juventus-Momò Sissoko!
Nemmeno lo sapevo che nella squadra della mia città c'è un giocatore del Mali.
Il mio interlocutore è un tuareg di Timbuctù, vende gioielli di argento-patacca e si ostina a piazzarmene uno, ovviamente. Ci si sente sempre un po’ a disagio di fronte a tanta insistenza. Gli spieghi che sono molto belli, che lo ringrazi dell’offerta. Ti risponde abbattendo il prezzo della metà. Gli dici che non è una questione di valore, ma che proprio non ne hai bisogno. Ti incalza con un “te lo regalo” per farti sentire ancora più in colpa. Ma alla fine riesco a tenere duro nonostante discorsi del tipo “voi in Europa siete ricchi”.
Comunque, dopo il mercanteggiare continuiamo a parlare un po’ del più e del meno quando a un certo punto mi dice:
- «Ora che siamo diventati amici, dammi il tuo numero di telefono così, dopo che sarai tornato a casa, potremo restare in contatto, sentirci per telefono, darci notizie l’uno dell’altro e proseguire la nostra amicizia. E poi ti potrò venire a trovare e tu mi aiuterai a trovare un lavoro in Italia.»
Io sono piemontese e da noi non si diventa amici, così, su due piedi. Però in Africa l’ospitalità è sacra… La mia intransigente educazione subalpina mi obbliga a dargli il numero. So già che al mio ritorno riceverò una telefonata dal Mali.

1 commento:

Anonimo ha detto...

dovevi dargli un numero falso... avresti salvato la tua piemontesità e avresti fatto anche "bella figura" :)
ciao BBB!
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